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Siamo con il mister Di Sevo. Nei tuoi primi due anni da allenatore avete vinto entrambi i campionati. Meglio di così…?
E’ stato un inizio da sogno per questa società; per anni abbiamo fantasticato sulla possibilità di creare una squadra di amici per poter stare insieme giocando a calcio, ma le vittorie che sono arrivate sono andate ben oltre quello che ci aspettavamo.
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Qual è il ricordo più bello di questi due anni?
I ricordi belli sono innumerevoli e ciò che più conta è che, oltre a quelli calcistici, molti sono legati all’amicizia che abbiamo fuori dal campo. Rimanendo all’aspetto sportivo, tra tanti scelgo la vittoria di questa stagione contro il Carugo che ci ha regalato la promozione. Ricordo un’attesa infinita con alcuni compagni di squadra nel pomeriggio prima di recarci al campo, i sessanta minuti sotto la pioggia, la gioia dei gol, il tripudio al fischio finale e i festeggiamenti della serata: tutto fantastico e, soprattutto, inimmaginabile ad inizio stagione.
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Qual è stato invece il momento più difficile?
Scelgo i due momenti difficili che abbiamo avuto nelle due stagioni. Il primo anno dopo la sconfitta interna contro il Perticato, dopo quella col Valbrona; la difficoltà maggiore fu combattere contro i dubbi che si stavano insinuando sulla nostra reale forza, dal momento che, seppur primi, avevamo appena perso contro le due dirette concorrenti. Il secondo anno invece dopo le tre sconfitte nelle prime quattro partite del 2013, cioè Castello, Castelmarte (la più brutta partita giocata in assoluto) e Villa Romanò; ricordo che nel prepartita del match successivo, cioè a Valbrona, mi concentrai nel discorso iniziale sul far capire ai ragazzi che, nonostante il periodo di difficoltà, questa rimaneva la squadra che aveva vinto il campionato precedente e che si era guadagnata comunque un posto nella parte alta della classifica in una categoria superiore, e che quindi quanto era stato fatto fino a quel momento rimaneva comunque molto.
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Agli allenatori spesso non piace fare nomi, ma se dovessi citare un giocatore che ti ha particolarmente impressionato o sorpreso?
Ciò che mi ha maggiormente impressionato è che tutti quanti hanno dato un contributo molto importante alla causa: ho cercato sempre di dare spazio a tutti, mantenendo sempre uno scheletro di base e modificando di tre-quattro elementi la formazione a seconda del tipo di partita, ottenendo sempre grandi risposte da tutti come in un’orchestra ben collaudata. Dovendo fare un nome voglio dire il capitano: che Robi sia un attaccante straordinario lo sapevamo tutti, ma da qui a segnare 99 gol in due campionati credo che non ci sia nulla di scontato e ritengo sia un risultato eccezionale che va evidenziato, considerando anche che spesso si è messo al servizio della squadra agendo da centrocampista offensivo e non da centravanti puro.
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Quale sarà lo schema tattico adottato in questa stagione?
Per le caratteristiche dei nostri giocatori credo che lo schema maggiormente utilizzato sarà il 3-2-1, anche se, come già avvenuto fin qui, la grande duttilità tattica dei ragazzi e la disponibilità di mettersi al servizio della squadra ci consentirà anche di adottare il 2-3-1.
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Ritieni che la rosa attuale sia al completo?
Numericamente forse servirebbe un elemento in più in rosa, anche se con un po’ di fortuna se l’infermeria non dovesse essere mai eccessivamente piena, ce la potremmo cavare con i ragazzi che abbiamo, anche perché quelli che abbiamo ci consentono di essere comunque coperti in tutti i ruoli. Gli equilibri di squadra e la capacità di sentirsi parte del gruppo con entusiasmo e serenità rimangono gli aspetti più importanti in assoluto, anche per chi si approccia a questa realtà.
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Luca Giurbino lo scorso anno ha avuto solo il tempo di esordire: che valore aggiunto potrà dare in questa stagione?
Lo possiamo considerare il nostro nuovo acquisto, dal momento che nella scorsa stagione per problemi legati ad un brutto infortunio ha avuto solo il tempo di esordire, anche se credo che quella partita col Carugo lo abbia condizionato positivamente nella scelta di rimanere con noi; perché non dobbiamo dimenticare che per i Celtic Dragons Giurbo ha rinunciato al calcio a 11: quindi quest’anno lo avremo tutto per noi. Sul suo ruolo, è un giocatore che può fare la differenza, sia da centrocampista offensivo, sia da esterno di centrocampo oppure difensivo in una difesa a 3.
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Quanto è difficile il ruolo di allenatore-giocatore?
Inizialmente le difficoltà non sono mancate, poi l’abitudine mi ha aiutato. Dover pensare a ciò che va fatto in campo a livello personale, ma anche a ciò che può essere modificato tatticamente per poter migliorare la situazione, non è facile: a volte mi accorgo di giocare con il pilota automatico mentre sto pensando alle modifiche che vanno fatte alla squadra, ma grazie a Dio dopo tanti anni di calcio è meno difficile giocare a memoria. Comunque il continuo aiuto dei giocatori più esperti e la grande disponibilità della squadra rendono tutto più facile: scegliere 7 ragazzi da mandare in campo tutte le settimane e lasciarne fuori altri non è per niente bello, soprattutto se queste persone sono tutte dei cari amici, ma cerco sempre di fare quello che ritengo meglio per la squadra secondo la mia visione del calcio. Allenare comunque è sempre stato un mio sogno, e poterlo fare qui ai Celtic Dragons, finchè potrò essere d’aiuto alla causa, è per me motivo di grande felicità.
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Che obiettivo vi ponete per questo campionato?
L’obiettivo secondo me deve essere quello di dare il massimo in ogni partita affrontandola come se fosse una finale: solo dopo cinque-sei partite potremo iniziare a renderci conto del nostro livello in rapporto al campionato di Serie A. Ciò che è fondamentale in questa stagione sarà non dimenticare mai quanto fatto fino ad ora per non perdere mai fiducia in noi stessi, ricordandosi sempre che le difficoltà che avremo saranno date dalla bravura degli avversari e non dal fatto che noi non siamo all’altezza: se siamo qui è perché ce lo siamo meritati vincendo due campionati su due.
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E qual è invece il tuo sogno personale per questa stagione?
Il 2013 direi che mi ha già riservato tantissime gioie, a livello calcistico ma soprattutto al di fuori del campo, con il matrimonio e tante altre cose che mi hanno fatto sempre più capire che ho tante persone al mio fianco che mi danno la forza di lottare giorno per giorno e affrontare le difficoltà della vita; tornando al calcio, i Celtic Dragons secondo me hanno avuto proprio questa forza, cioè darci il piacere di stare tra amici e divertirci, distraendoci dagli aspetti più difficoltosi della vita. Per questo motivo un sogno in particolare non ce l’ho: credo che tutte queste cose siano già a loro modo un sogno che sto vivendo.